Cinquemila in piazza per il Jobs day della Cisl, governo, politica #Svegliatevi

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“Sono Mara”. “Sono Tommaso”. “Sono Milena”, “Sono Rosanna”. Diciotto volti, diciotto testimonial. Diciotto storie di crisi vissuta sulla propria pelle. Sono i diciotto tra giovani e meno giovani, precari, senza lavoro, in cassa integrazione o in mobilità, che si sono alternati stamattina sul palco della manifestazione che la Cisl siciliana ha tenuto a piazza Indipendenza, a Palermo, davanti a Palazzo d’Orleans. Per raccontare in pochi flash la propria storia. “Personale ma che potrebbe essere quella di ciascuno di voi”, come ha esordito Rosanna, monoreddito con due figli, operatrice di quel mondo della formazione che tra qualche giorno tornerà per strada. “Spartacus e Prometeo sono state cure peggiori del male”, ha denunciato con un filo di voce, con riferimento ai progetti varati dal governo della Regione contro i quali s’è levata in questi mesi la protesta dei lavoratori. “Solo un’azione unitaria forte, che sia davvero spina nei loro fianchi, può aiutarci”, ha concluso guardando Palazzo d’Orleans e passando il microfono a Milena, 40 anni, mamma di due bimbi, operatrice del settore dei call center che in Sicilia conta 40 mila addetti la metà dei quali concentrati nel Palermitano. Ma su molti di essi, ora pende la mannaia della fine del rapporto di lavoro. Così per i #262acasa della palermitana Accenture: #262acasa com’era scritto sullo sfondo bianco della t-shirt indossata da Mara. “Le aziende non possono considerarci numeri”, ha urlato con il microfono in mano. “Istituzioni, svegliatevi. Fatevi parte attiva e responsabile”.
E #svegliatevi è stato appunto il leit-motiv, a mo’ di hashtag, della mobilitazione organizzata dalla Cisl nel giorno che il sindacato ha definito jobs day. “Oggi a parlare è il lavoro”, ha affermato appunto Maurizio Bernava, segretario della Cisl Sicilia, unico sindacalista sul palco, che ha tirato le conclusioni di fronte a una piazza gremita di cinquemila persone arrivate dalle nove province dell’Isola. “A noi – ha detto Bernava – non interessa la politica. L’emergenza è il lavoro. Perché la crisi è ormai emergenza: un’emergenza che è anche etica, come ci ricordano i vescovi”. La recessione morde, è diventata rischio povertà per tanti. Eppure politica e governo regionali sono sordi. “La Regione è una palude”, ha tuonato il segretario. E quanto a Crocetta, perde tempo appresso a persone inutili interessate solo a patti di gestione, e a potentati che hanno solo creato un debito che i siciliani pagheranno per anni”. Da qui la richiesta: “Fate un governo d’emergenza che faccia politiche d’emergenza. Che faccia fronte, con interventi straordinari, alle emergenze economica, sociale e amministrativa, che affossano la Sicilia”.
Sotto il piccolo palco montato su un camion, i colori verde e bianco delle bandiere Cisl che hanno sventolato per tutta la mattinata su una piazza rumorosa, per i fischietti, per il cri-cri riprodotto da piccole turbine in legno. Per i tamburi di latta suonati da edili e forestali. E per il fragoroso scampanellio di una vecchia sveglia che ha, praticamente, ritmato i tempi della manifestazione. Perché al trillo della sveglia, un cartello con su scritto “tutti giù” invitava la piazza a un flash mob di una decina di secondi “che abbiamo pensato – spiegano alla Cisl – per mostrare visibilmente la nostra intenzione di dare una scossa a politica e governo”.
Tra le altre testimonianze, ha commosso tutti Giovanni, pensionato ultraottantenne, che con voce tremolante ha ricordato la funzione di ammortizzatore sociale che le famiglie, di fatto, giocano. Non solo in Sicilia. “Dieci euro a un nipote di trent’anni che ne ha bisogno per vivere, sono una mortificazione per noi e i nostri nipoti”, ha sussurrato. Ha fatto sorridere tutti, invece, Tommaso, lavoratore delle costruzioni, che ha usato la cazzuola come metafora della crisi che affligge l’economia siciliana. E l’edilizia specialmente. “Alla cazzuola hanno suonato le campane a morto”, ha scandito con tono angosciato. “Mi sento voce che grida nel deserto”. Infine la chicca. L’eccellenza. O meglio l’ex eccellenza siciliana: la Fratelli Averna che da più di un secolo produce l’omonimo amaro. “Generando utili, un fatturato di 200 milioni ed esportando all’estero il 40% della produzione”, ha ricordato con orgoglio malcelato, Luigi, dipendente dell’azienda. Ebbene, ha lamentato, “qualche mese fa l’Averna è stata acquistata dalla Campari che ha già avviato le procedure per il licenziamento collettivo”. Come dire, un’eccellenza. Ma che rischia di tradursi nel suo simmetrico contrario.

 

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