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Un lavoratore, da solo, difficilmente riesce ad ottenere miglioramenti salariali e normativi. Per questo, fin dal secolo scorso, i lavoratori hanno cominciato ad unirsi, organizzandosi in sindacati, per cercare di migliorare le proprie condizioni lavorative e più in generale le proprie condizioni di vita. Negli ultimi decenni, grazie alla crescita e al successo raggiunti, le organizzazioni sindacali hanno allargato le loro funzioni affrontando anche questioni generali come la politica economica, il fisco e la politica sociale.

La nascita dei sindacati dei lavoratori ha spinto anche il padronato a dotarsi di proprie organizzazioni sindacali.

La presenza sia di organizzazioni che tutelano gli interessi dei lavoratori sia di organizzazioni padronali ha fatto sì che si sviluppasse un confronto, denominato contrattazione collettiva, con lo scopo di arrivare ad un accordo, il contratto di lavoro, in grado di definire regole e procedure da osservare in un rapporto di lavoro. Una volta firmato, l’accordo diventa impegnativo per le organizzazioni che l’hanno sottoscritto e per tutti i loro aderenti, spesso assume anche valore erga omnes, cioè valido per tutti. Il contratto di lavoro è lo strum

ento che regola i rapporti tra lavoratori dipendenti e datori di lavoro.

Nel luglio del 1993 è stato firmato un accordo che riforma le regole della contrattazione sindacale, stabilendo un livello nazionale di trattativa con il governo e le organizzazioni padronali, detta concertazione, e due livelli di contrattazione di categoria, quello nazionale (primo livello) e, a scelta, aziendale o territoriale (secondo livello).

Questo sistema ha ben funzionato in riferimento alle due grandi priorità di quella fase: il drastico contenimento dell’ inflazione e l’ ingresso del nostro paese in Europa; non ha dato, invece, gli esiti sperati per lo sviluppo, in quantità e qualità, della contrattazione di secondo livello.

La Crisi economica e le sue rilevanti conseguenze sociali soprattutto a carico dei giovani, di quanti perdono il lavoro, delle famiglie e degli anziani hanno posto la necessità di riprendere con maggiore vigore la discussione sullo sviluppo socio-economico, sulla crescita della produttività e sul recupero dei salari reali rispetto ai profitti.

E’ proprio in questa prospettiva che la Cisl ha rilanciato la sua azione nella concertazione delle politiche di welfare, fiscali e tariffarie,  i bilanci locali, della fiscalità, dei servizi e delle tariffe sociali (a partire anche dalla stessa riforma dei servizi pubblici locali), nella convinzione che sono proprio le soluzioni territoriali quelle più efficaci in termini di risultati. La  sommatoria  di accordi territoriali conclusi, infatti, produce un deciso miglioramento delle condizioni di vita delle persone, non realizzabile  con un unico intervento di carattere nazionale.

L’Accordo quadro sulla riforma della contrattazione del 22 gennaio 2009 rappresenta una svolta nei rapporti fra Governo e parti sociali e pone come obiettivo il rilancio della crescita economica, lo sviluppo occupazionale e l’aumento della produttività, anche attraverso il rafforzamento dell’indicazione condivisa da Governo, imprese e sindacati per una politica di riduzione della pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese, nell’ambito degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica.

 

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