1maggio, Furlan “Importanti le parole di Mattarella e di Papa Francesco sul valore del lavoro”

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“Grazie di essere qui, di essere venuti a Bologna in tantissimi, a riempire questa bella piazza con la vostra voglia di partecipare e con le vostre bandiere”. Cosi la Segretaria Generale della Cisl Annamaria Furlan ha salutato nel suo intervento a Bologna per il primo maggio i trentamila partecipanti alla manifestazione di Cgil Cisl Uil. “. Il lavoro da’ dignita’ ed una effettiva cittadinanza come hanno ricordato oggi il Capo dello Stato Mattarella e Papa Francesco. Grazie per le loro parole importanti sul valore del lavoro. Questi sono i riferimenti culturali e morali che uniscono e che noi preferiamo. Con il lavoro la persona partecipa alla crescita della comunità, perché realizza il “sé” nella dimensione plurale del noi. Lo sancisce la nostra Costituzione: il lavoro non solo come fonte di reddito, ma come premessa di libertà personale e collettiva, come funzione svolta dalla persona per il progresso materiale e spirituale della società. Il lavoro non consente distinzioni, non ha genere e colore. Il lavoro accomuna. Il lavoro unisce, il lavoro valorizza, il lavoro crea ponti, il lavoro mette al centro la persona. Le uniche differenze sono quelle dovute agli aggettivi che a volte seguono la parola lavoro: assente, precario, saltuario, frammentato, sottopagato, in nero.Sono differenze che non ci piacciono, che non possiamo accettare, perché sino a quando esisteranno la società sarà ingiusta e tanti vivranno ai margini”. Furlan ha ricordato che abbiano bisogno dell’Europa altro che discorso dei sovranisti. Ma non l’Europa protocolli, quella dei popoli e dei cittadini.Il Primo Maggio è anche memoria delle tante battaglie sindacali combattute per eliminare lo sfruttamento e rendere il lavoro un’attività umana degna.
Non devono essere la persona ed il lavoro uno strumento dell’economia ma e’ l’economia che deve essere al servizio della persona, del suo benessere e del lavoro. Ecco perché abbiamo voluto incentrare su questi temi la festa del Primo Maggio. E perché dobbiamo fare in modo che quella di oggi non sia solo una celebrazione, ma un appuntamento “attivo”, di militanza per il cambiamento necessario.
Dopo la manifestazione del 9 febbraio si sono finalmente aperti alcuni tavoli di confronto ai quali Il Governo non è stato sempre direttamente presente. IL risultato e’ stato molto deludente. Parole, vaghe rassicurazioni, una serie di “vedremo” e “valuteremo”. Tutto aleatorio e molto surreale, perché “sarebbe bastato portare pazienza e gli effetti espansivi delle misure assunte si sarebbero visti presto e con chiarezza. Nel Decreto crescita, non si va molto al di là della correzione di alcuni errori della manovra, con l’abbassamento dell’Ires per le imprese e il ripristino del credito d’imposta e del superammortamento degli investimenti tecnologici 4.0. E però non basta la parola “crescita” nel titolo per smuovere il Pil. Per far questo il decreto avrebbe dovuto contenere molto, molto di più. Avrebbe dovuto segnare un reale cambiamento, una vera e propria svolta. Ma di questo, molto semplicemente, non c’è traccia. Non c’è un progetto, non sono previste risorse per rilanciare gli investimenti pubblici e privati. Non c’è niente per le infrastrutture, anche perché lo “SBLOCCA CANTIERI” resta avvolto nella nebbia e di quel tanto che emerge si può solo dire che indebolisce il codice degli appalti e depotenzia l’Anac quindi la prevenzione e il contrasto delle mafie, l’applicazione dei principi di concorrenza e trasparenza e la tutela dei diritti dei lavoratori. E ciò accade in un paese che continua a segnare traguardi negativi sul fronte della sicurezza, perché anche nel 2018 sono cresciuti gli incidenti mortali sul lavoro del 10%. È una situazione intollerabile non si può morire di lavoro! Sembra un bollettino di guerra. E nel 2019 è già una strage. Dietro numeri e statistiche ci sono volti e nomi, famiglie, figli e coniugi che perdono un congiunto nell’ indifferenza generale. È un’ emergenza nazionale ed oggi, in questa Piazza, denunciamo con quanto fiato abbiamo questo dramma e chiediamo un confronto subito ed interventi urgenti. L’unica cosa chiara dello sblocca cantieri è che si tengono bloccati 400 mila posti di lavoro. Che poi vuol dire 400 mila disoccupati in più. E per una volta, diciamolo con chiarezza, non per mancanza di fondi, visto che ci sono decine di miliardi pronti per essere utilizzati. No, è per un incomprensibile ritardo ideologico di questo governo. E non si tratta solo dell’opposizione preconcetta e dannosa alla Tav. Non sono solo la Tap, il Terzo Valico o la Pedemontana. Parliamo di una lunga serie di strade e ferrovie, di porti e aeroporti fondamentali per unire il Sud al Nord del Paese e l’Italia con il resto d’Europa. Allo stesso modo non c’è alcuna misura strutturale, nel decreto “crescita”, per rilanciare i consumi, la crescita dei salari e dell’occupazione. Soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, a proposito delle quali nulla si dice su come intervenire per colmare i ritardi. Vogliamo allora pensare, piuttosto, a come estendere i trattamenti salariali dei contratti collettivi nazionali rappresentativi a quella percentuale di lavoratori che oggi ne è esclusa? Vogliamo affermare piuttosto, che non può esserci nessun lavoratore escluso dalla contrattazione collettiva nazionale dovunque sia e qualsiasi cosa faccia? E che il contratto applicato deve avere attinenza con il lavoro che svolge? Vogliamo combattere sul serio la proliferazione contrattuale e la diffusione di contratti per nulla rappresentativi e in dumping, che in diversi settori e aree del Paese producono salari al di sotto dei livelli di dignità?
O si preferisce piuttosto, creare una situazione che potrebbe indurre in tentazione alcune piccole e micro imprese a fuggire dal sistema contrattuale nazionale, ad uscire dalla loro organizzazione datoriale, per abbracciare il salario minimo per legge e mettere in soffitta tutte le altre tutele, che oggi sono riconosciute a milioni di lavoratori? Bel risultato sarebbe!
La verità è che il lavoro dovrebbe essere l’ossessione di questo governo, ma di misure per il lavoro non c’è traccia. E allora il lavoro di qualità e la persona umana sono le risorse più preziose, quelle da cui ripartire. Come farlo? Cominciando con un taglio strutturale del costo del lavoro a tempo indeterminato. Un programma di intervento sul cuneo fiscale delle retribuzioni e delle pensioni a beneficio di lavoratori e pensionati non è più rinviabile: il governo deve capire che questa è la priorità! Magari iniziando a recuperare le risorse che servono con la lotta all’evasione fiscale. Non facendo cassa sui pensionati, che da aprile prendono un assegno ridotto per il blocco dell’adeguamento deciso dalla “manovra del cambiamento”, che però agendo così non ha cambiato nulla, ha fatto la cosa più vecchia del mondo”.
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